Video animazione per Ducati Motor Redline Magazine
Abbiamo realizzato una serie di video animazioni ad hoc per il lancio del Magazine Redline Ducati, un Cliente acquisito da quasi 2 anni e che si sta appoggiando a noi per una sempre maggiore quantità di progetti.
Ad oggi siamo già alla seconda edizione dei Masterbook Apperel e Masterbook Accessori, due progetti molto impegnativi che richiedono un team dedicato e un rapporto di fiducia e collaborazione molto stretto con il marketing Ducati.
Tanit iDea è davvero fiera di collaborare con uno dei più grandi simboli del mondo dei motori Made in Italy.
https://www.facebook.com/Ducati/videos/865355823845905/UzpfSTIxODA3MjY0ODI3NjUzMDoyMjQxNzUzNjg5MjQxNzM5/
"Time to...live the Outdoor Alchemy" concept cataloghi Corradi 2019
Tempo. Tempo per fare, o per non fare niente. Tempo per pensare. Tempo per liberare la mente.
Tempo vissuto, da soli o in compagnia. Come un alchimista, Corradi fa emergere l'energia originale di ogni esterno per trasformarlo in uno spazio da vivere, personalizzato e su misura per te.
Diamo spazio al tuo tempo, per dare spazio alla tua vita.
La proposta di basa su una raccolta di oggetti legati ai momenti vissuti outdoor: un libro, una bici, un piatto, una palla... il tuo mondo messo “in piano” e fotografato.
Ogni copertina e ogni prodotto sapientemente raccontato con associazione di oggetti, grafiche e colori che ritraggono quegli “accessori della vita outdoor” che completano il tuo tempo al riparo di un prodotto Corradi.
"Follow the mother route” Viaggiando a 66 miglia all’ora seguendo una linea gialla…
“E guidare a fari spenti nella notte per vedere...”
Lucio Battisti - Emozioni
No, questo decisamente non può succedere sulla Ruote 66, a meno che non ci si voglia trovare a fingere di non capire l’inglese con il perfetto sosia dell’agente Poncharello dei Chips che ti ciondola le manette davanti al naso, approfittando dell’universale linguaggio universale della stradale. Altre cose che non puoi fare qui ad esempio sono fumarti una sigaretta in spiaggia o magari sorseggiare una birra e sentire il cuore in tumulto per il tramonto che scende sulla Momument Valley, no, in terra Navaho niente alcolici. Eccoli qui, solo alcuni dei surreali controsensi di un luogo che vive di miti moderni, di una nazione immensa fatta di strade lunghe, dritte, desertiche, da togliere il fiato. Strade lungo le quali l’iPod a sorpresa si mette a suonare Battisti catapultando due moderne Thelma e Louise in una dimensione parallela in cui cantare a piena gola sembra l’unica cosa giusta da fare, e questa sì che si può fare.
La strada non basta mai, seguo quella doppia linea gialla tratteggiata osservando avidamente tutto ciò che c’è oltre, quasi desiderando che il vetro del parabrezza della macchina a noleggio sia aria, solo aria. La linea gialla mi porta a spasso per San Francisco e sento il sapore del sale misto al vento mentre chiudo la felpa e cerco di ricostruire le parti di Golden Gate coperte da una stregata foschia, mistica forse o magica addirittura, come questa città piena di streghe, buone si capisce.
Salto sulla Mustang Cabrio bianca, Louise cerca di piegare la mappa gigante lasciando visibile solo la costa della California e mi indica dove dirigermi, prendiamo la Pacific Highway 1, e quale altra se no per cominciare?
Costeggiando la California ci si lascia alle spalle San Francisco (Frisco per gli amici, e noi lo siamo) e si punta verso un tramonto fatto di onde, da condividere con pochi compari: un surfista, un leone marino socievole e un cane bagnato in riva al mare che gioca con una pallina da tennis umidiccia. Siamo nella baia di Monterey. Indosso una sciarpa mentre osservo la scena seduta su un gradino fuori dal motel; in pieno agosto qui la sciarpa serve tutta, ciò che non serve è il rumore, il traffico, qui tutto è oceano pacifico, straordinariamente pacifico.
Birra, bistecca e karaoke in un bar desolato dal mondo, in un mondo desolato dal mondo, questo il programma della serata e Thelma e Louise per oggi non chiedono di meglio. C’è da domandarsi se chi vive qui tutto l’anno ancora regga, ma infondo noi siamo di passaggio e non abbiamo poi troppa voglia di farci domande non credi?
Riprendiamo ancora quella doppia linea gialla. Viaggiamo verso la collina dei sogni poco più avanti, godendoci a pieno il contrasto tra gli scogli deserti e l’aria quasi gelida di Pacific Grove e San Simeon sino all’afa trafficata di West Hollywood; portiamo la Mustang al massimo su Mulholland Drive e vediamo se Battisti aveva ragione… ma no dai, c’è ancora tanta troppa strada da fare per sfidare Jimmy Dean a una gara di velocità che ha già comunque vinto. Stanotte si dorme in un posto curioso, TheStandard si chiama, medesimo proprietario del celeberrimo Chateau Marmont, quello delle vere star. Il proprietario è lo stesso ma la scelta di stile e di budget è differente, una ragazza sottovuoto in un box di vetro dietro al banco reception e 150 dollari per una stanza gigante e leggermente spersonalizzata con una balcone che affaccia su Sunset Boulevard, il viale del tramonto a due passi dalla strada che solca il quartiere di Laurel Canyon e le colline di Hollywood. Si respira aria di mito sempre e comunque qui, Thelma chiudi gli occhi, vai oltre turisti, sosia dozzinali, prezzi gonfiati e stelle sul marciapiede, ed ecco che sentirai solo gli applausi assordanti.
Sedute sul bordo di una piscina rovente in un motel di Pasadena, Thelma e Louise srotolano atlanti e mappe per vedere dove la doppia riga gialla le porterà domani. Così vogliono vivere gli States, on the road day by day, nessun piano solo la strada e sino a trovarsi in pieno Far West.
Il passaggio dalla California all’Arizona è piuttosto “caldo”, la radio passa musica country e la macchina fatica a mantenere il limite di 65 miglia all’ora imposto dalla Mother Road, la Route 66 che da Santa Monica porta fino a Chicago. Needles, Oatman, Williams, Flagstaff, i cowboy che ti aspetteresti di vedere assaltare il treno sulla storica Santa Fe Railway sono oggi sostituiti da bikers in Harley Davidson che cavalcano nuovi miti e “assaltano” tavole calde e steak house ascoltando “Born to be wild” sotto ai loro baffoni brizzolati.
Fidati ancora di lei Thelma, segui quella doppia linea gialla al centro della strada e sai che non ti deluderà. Non lo farà di certo a Sedona in Arizona, il luogo dove si incontrano gli esperti di astrologia e chakra di tutto il modo, ma non solo: sul fondo di in un canyon rosso e rovente la linea gialla ti condurrà in un resort che saprà ritemprare ogni fatica che la strada ha portato sotto un cielo stellato davvero mai visto, pieno di leggende di indiani e astrali speranze.
Questo siamo, osservatori, viaggiatori alla ricerca di mondi da scrivere. Quindi cos’è davvero l’America? Infinite prospettive, conflitti mai risolti e grandi paradossi su panorami mozzafiato e su campi da basket di cemento a Venice Beach, muri virtuali ma altissimi che separano i giochi di messicani, afroamericani e semplici sportivi, mentre sugli spalti uno stereo portatile suona hip hop a tutto volume e due ragazze si fanno le treccine. Un paese oggi di certo ferito da una recessione senza precedenti, ma al tempo stesso carico di una nuova fiducia, riposta in un uomo, nell’eroe del film cui si affida questo popolo quando desidera sentirsi un tutt’uno; ogni volta che quella bizzarra bandiera sventola e c’è bisogno di sentirsi the land of the free and the home of the brave (“la terra dei liberi e la casa dei coraggiosi”) come recita l’ultimo verso dell’inno di questa nazione grande, fiera e ferita ma sempre e comunque capace di sorprendere e togliere il fiato con le sue ingenue meraviglie ed immense distese di pura natura.
Head around: rubrica di viaggi con la testa fra le nuvole.
Fotografie e testi Caterina Leonelli - pubblicato su ProgressNews 2009 n° 3
Tanit realizza la nuova campagna ADV stampa Bonfiglioli Riduttori
A coronare una partnership che dura ormai da 3 generazioni giunge quest'anno l'incarico di ristudiare l'identità grafica del gruppo Bonfiglioli Riduttori a partire dalla campagna adv sino a giungere a tutto il materiale informatico cartaceo e pdf come cataloghi, manuali tecnici, brochure...
Tanit iDea è fiera di firmare l'immagine di una delle principali realtà dell'industria meccanica in Italia e nel mondo.
Macchinina rossa rossa dove vai? Quanti chilometri farai? 5000 km attraverso Italia, Francia e Spagna, diario di una caccia al km perfetto…
“Battersi è molto più bello che vincere Viaggiare è molto più bello che arrivare Quando sei arrivato o hai vinto avverti un gran vuoto. E per superare quel vuoto devi metterti in viaggio di nuovo Crearti nuovi scopi”
O. Fallaci, Lettera a un bambino mai nato, Rizzoli, Milano 1975
L’asfalto corre veloce lasciando piccoli granelli di polvere sulle gomme come le parole sulle pagine di questo piccolo diario di viaggio, che ci vede ancora qui in fuga verso nuovi paesaggi fino al mare, quello da cui tutto ha origine e dove tutto, noi inclusi, troviamo la pace che ci rigenererà.
Ed ecco che già ho dimenticato quella che sono quando la pelle non sa di sale, quando è più dolce ma ha un sapore tanto più amaro.
Il km 1 di Padova è già lontano mentre il sole tramonta sui vigneti di Alba e si lascia alle spalle già molti di quei quotidiani pensieri in quel torpore misto dell’iniziale presa di coscienza vacanziera. La macchinina rossa rossa di quella filastrocca d’infanzia ci porterà attraverso il mondo fatto di colori profumati di lavanda della Provenza, togliendoci il fiato tra le curve delle
Gole del Verdòn sino al sapore forte e un po’ pungente di un buon roquefort fuso su una crepes gustata lentamente di fronte all’anfiteatro romano di Arles.
“Ida y vuelta” (andata e ritorno in spagnolo) è il titolo di questo viaggio attraverso suggestioni mediterranee che ha visto le nostre instancabili divoratrici di chilometri alla Thelma & Louise a bordo della versione rivista e corretta delle fedele Thunderbird del film: una Mini Clubman pronta per celebrare al confine dei Pirenei il suo 50 millesimo chilometro.
Assaporato un ottimo e abbondante Dolcetto d’Alba al fresco della colline di Perno di Monforte (Alba) abbandoniamo il territorio italiano varcando il confine francese sul colle della Maddalena, il paesaggio cambia quasi istantaneamente, dalle colline coperte di vigneti a un’arietta più frizzante e pascoli che ricordano vagamente quel Wyoming da film… sempre per non
perdere troppo di vista Thelma e Louise, naturalmente.
Il panorama cambia in fretta, non ci abbandona invece il corso del ruscello che gorgoglia accanto alle curve della strada e ci porta sicuro fino a Castellane en Provence alle porte del suggestivo canyon (da pronunciare alla francese mi raccomando “canyòn”) delle Gorges
du Verdon, un paradiso naturale fatto di percorsi da effettuare via mare, terra e aria: in macchina e a piedi attraverso le varie strade e sentieri a picco sul canyon, sulle acque del Verdon stesso a bordo di un kayak o di un gommone da rafting o sorvolando l’intera area in un vero e proprio stormo di colorate vele da parapendio.
La strada abbandona il fiume, che si apre nel bacino artificiale di Sainte Croix in un’esplosione totale di colori tra il verde della vegetazione e l’azzurro accecante della distesa d’acqua a perdita d’occhio.
La Macchinina Rossa Rossa ora punta dritto verso il cuore della Camargue, Arles, una “sgambata” nella prima autostrada che, leggenda vuole, fu percorsa a tratti anche da Napoleone (sperando che lui non abbia incontrato tutte le stazione di pagamento che
abbiamo trovato noi!).
Nel dedalo di vie che si snodano dall’antico anfiteatro romano perfettamente conservato nel centro in festa di Arles, l’arte diviene protagonista assoluta. In questa piccola cittadina multiculturale infatti lo spagnolo del torero si mischia sapientemente con il francese della Camargue, è qui che Van Gogh giunse nel 1888 alla ricerca di quella “giusta luce” che seppe tradurre in alcune delle pennellate migliori donate alla storia dell’arte di sempre: 300 dipinti in 15
mesi, non male. Lo spiritello del pittore si aggira ovunque tra le vie della cittadina e ci guida verso l’altra grande celebrazione di creatività che ha luogo qui annualmente: “Rencontres d’Arles”, forse il più importante evento mondiale dedicato alla fotografia.
Questo è il momento in cui Arles diviene luogo massimo dove gli emergenti trovano consacrazione e i grandi la giusta vetrina con un calendario che prevede oltre sessanta mostre visitabili fino al 19 settembre. Retrospettive e percorsi tematici sono la parte più significativa del festival, laddove spicca in questa 41ma edizione la presenza dell’Argentina con Leon Ferrari come ospite d’onore di questa edizione dei Rencontres. Sei percorsi per sei temi, ognuno dei
quali parte con un ospite d’onore o una mostra iconica. Intrigante è la promenade dedicata al Rock, un’esplorazione sul rapporto tra musica e fotografia che quest’anno vede in campo la prima mostra dedicata a Mick Jagger, certo l’artista più fotografato della scena musicale. Tra i “nomi” presenti nella sezione rock: Andy Warhol e Robert Mapplethorpe.
A questo punto il sapore della Spagna s’insinua nei palati fini delle nostre eroine e “vamos hermanas!”, dritto verso il confine attraverso i Pirenei e un nuovo capitolo del diario di viaggio si snoda sulla strada che si fa a mano a mano sterrata e trasforma il viaggio nello spazio in un viaggio nel tempo, la Mini diventa carrozza trainata da cavalli e la musica che arriva lontano ha il sapore antico delle marce medievali. Siamo al Castello Cardona, a un’ora da Barcellona
e nel cuore storico della Cataluña, trasformato in albergo grazie alla mirabile iniziativa statale dei Pardores de Turismo, che ha trasformato in strutture alberghiere alcuni dei più suggestivi siti
storici nazionali.
Forti mura troneggiano in cima a una collina proteggendo il giusto sonno delle moderne “raperonzolo”, racchiuse nella torre del castello dopo una lauta cena ricca di antichi sapori catalani… il giusto ristoro prima della tappa più corposa del tragitto, 500 km da Cardona a Valencia che diventano in fretta 700 tra uno smarrimento voluto e uno no per le campagne spagnole.
L’ingresso a Valencia è affiancato per un lungo tratto di autostrada da uno splendido mare alla nostra sinistra, che svanisce avventurandosi nel centro città ma ci ricorda di sé in quell’odore di sale e vaga umidità che investe tutta la città tra il traffico e quel buon sentore di paella valenciana che impregna le vie del porto. La lunga corsa della Macchinina Rossa Rossa si ferma all’hotel Barcelò esattamente di fronte alla mirabolante Ciudad De Las Artes Y De
Las Ciencias progettata sapientemente da Calatrava. Un maestoso monumento alla creatività che svetta in forme arrotondate e lineari nello skyline di questa città che negli ultimi cinque anni ha subito un mutamento urbanistico incredibile, complice la Coppa America del
2007. Questo splendido regalo alla sua città uscito dalla mirabile matita dell’architetto valenciano Santiago Calatrava è iniziato nel luglio 1996, lo si definisce un esempio di architettura organica data dall’armonizzazione di elementi architettonici e loro contenuto,
cemento bianco candido e azzurro di stagni e fontane, trasparenze del vetro e blu intesto creano questa struttura ampia e dinamica un unicum perfettamente armonizzato con l’anima marittima e luminosa di una città come Valencia. In questa grande città ci si muove
volentieri a piedi, sul lungomare per smaltire la paella de La Pepica (il ristorante preferito da Hemingway) e nel centro storico alla luce calda del mattino, splendido il grande Mercado Central e il dedalo di vie che da esso si dipanano attraverso la città vecchia.
Ma è ormai tempo di cedere le scarpe da passeggio e rimettersi al volante per l’ultima e più “passiva” tappa del nostro infinito peregrinare, si va al porto per salpare le ancora alla volta delle Ibiza del Flower Power, una sosta rigenerante per la Macchinina Rossa Rossa, ormai pronta a impolverarsi in strade sterrate alla ricerca di calette da sogno.
Il traghetto in 4 ore ci consegna nelle sapienti mani della dea Tanit (la dea dell’isola) al porto di San Antonio ed ecco che il contachilometri segna finalmente il passaggio al km 50.000 sulla
strada che fende campi di terra rossa e promettenti aranceti alle porte dell’agriturismo Atzarò: una casa di campagna tipica ibizenca, trasformata in un agriturismo a cinque stelle con spa, ristorante, galleria d’arte, sushi bar e chi più ne ha più ne metta. Un paradiso.
E mentre un arancio maturo caduto dall’albero rotola sul cofano della Mini a riposo sorseggio un thè verde post massaggio stesa su una letto a baldacchino balinese nel giardino della Spa; accanto a me un libro, un grande Buddha in pietra scura, la compagna di viaggio di sempre e un labrador di nome Oscar che russa sognando forse uno di quei conigli che vagano per il prato di notte vegliando sul sonno del cuore dell’isola.
Buenas noche Tanit…
Street art for communication
Ancora un'articolo scritto per la rivista Touch News nel 2011, un serbatoio di preziose ricerche sul mondo delle comunicazione e della creatività.
Se, per caso, nel 1978, vi fosse capitato di essere arrestati per reati minori a New York, accanto a voi in cella avreste potuto incontrare un ragazzo dalla faccia da cartone animato con le mani sporche di colore: un Keith Haring alle soglie della fama, e della Factory, "colpevole" di aver realizzato rapidi quanto puntuali graffiti nelle stazioni della metropolitana della grande mela.
Tra le sbarre d'oltreoceano invece qualche annetto dopo avreste potuto incontrare Mister Banksy. A Bristol o magari a Londra. Sareste potuti essere tra i rari che l'hanno visto in faccia. L'eclettico street artist inglese infatti non ci mette la faccia bensì lo stencil, tappezzando città, t-shirt e immaginario collettivo con una brillante e satirica guerrilla art, il tutto in costante, ed estremamente comunicativo, anonimato. Il ragazzo si diverte a entrare nei musei più importanti del mondo e appendere delle sue opere tra le altre già presenti e la cosa sorprendente è che passano giorni prima che qualcuno si accorga della sostituzione e noti che in un dipinto in perfetto stile settecentesco è comparsa una bomboletta spray tra le mani di un nobile, dettagli anacronistici per suggerire novità e un pelo di polemica.
Dunque, perchè vi sto raccontando di questi incontri galeotti? Molto semplice, per introdurre un tema complesso ma che ci sta parecchio a cuore a quanto pare: la street art, un argomento controverso che, sorprendentemente, sta trovando una legittimazione sul piano della comunicazione di brand, uno sviluppo intrigante direi!
I graffiti imbrattano le città o leniscono il loro grigiore? Il dibattito è aperto ormai da anni, la lotta ai "muri sporchi" è ormai cavallo di battaglia delle campagne elettorali cittadine ma al tempo stesso si stanno facendo strada molte iniziative dedicate a cercare di diffondere la poetica dei writers, le loro reali intenzioni, nel tentativo di avvicinarli alle richieste e alle necessità dei cittadini e, parallelamente, di elevare i prodotti di questi ormai assodati movimenti culturali a livello di opera d'arte.
In questo panorama il marketing non convenzionale accoglie le tendenze anticipandole sempre di un attimo e forse aiutandole a raggiungere una più vasta approvazione pubblica. Allora, se da un lato prende piede sempre di più l'idea dei graffiti come espressione artistica dei nostri tempi, come unico mezzo per comunicare al mondo il disagio di vivere confinati in "prigioni di cemento e asfalto"; dall'altro lato, nella sinergia sempre più frequente fra street art e guerrilla marketing risiede il mutamento di percezione da parte dell'opinione pubblica.
La realizzazione di azioni di guerrilla marketing facendo ricorso ad artisti di strada prende ispirazione anche dalle operazioni dei Culture Jammers: gruppi di persone che modificano e reinterpretano le pubblicità delle marche per dargli una connotazione e un significato diverso, una sorta di protesta contro l'appropriazione di spazi pubblici o più semplicemente per sensibilizzare una ribellione verso il mondo dei brand (facendo ovviamente ulteriore brandingÖ). In questo campo un vero professionista è l'artista e architetto Kurt Wenner, con le sue "profonde" interpretazioni tridimensionali in floor graphics sui marciapiedi di tutto il mondo.
Il connubio street art e comunicazione esalta lo "spettacolo della città" e così facendo coinvolge attivamente il pubblico passante, relazionando il tutto con le nuove attitudini che stanno emergendo nel web, attraverso gli user generated content, i feedback degli utenti, verso cui qualificare politiche di partecipazione attiva. Ecco perchè marketing e street art funzionano bene nonostante siano iniziative fortemente localizzate: il web blogging, i social network e il recente fenomeno del geoblogging creano la notizia e la fanno girare opportunamente sino a farla giungere ai media tradizionali e pi˘ generalisti.
Un link tutto italiano per rendere l'idea è streetartattack.blogspot.com.
Ma vediamo qualche altro esempio pratico di quello di cui stiamo parlando, alcune ispirazioni e idee da tutto il mondo nel consueto stile TouchNews.
Uno dei marchi che fa della street art parte del proprio posizionamento di brand Ë proprio Adidas Originals che ha realizzato eccezionali street guerrilla promuovendo celebri ed emergenti writers da tutto il mondo. Un esempio in casa nostra è Il progetto "Metallic Doors" del 2009 per celebrare i 60 anni del trifoglio a tre strisce, occasione in cui le saracinesche di 10 negozi situati nella zona di corso di porta Ticinese di Milano sono state affidate all'ispirazione e alla creatività del team di street artist italiani TDK che hanno rappresentato a modo loro il mondo del brand.
Caso recentissimo, sempre tutto italiano, è quello di "Smemoranda: WOW", la prima Mostra Antologica firmata Smemoranda che ha aperto al pubblico lo scorso giugno, presso il nuovo WOW Spazio fumetto di viale Campania a Milano, dedicata ai migliori 250 lavori realizzati negli ultimi 25 anni dai più grandi disegnatori italiani e per la quale Pao e Willow, due tra i più apprezzati street artist contemporanei, hanno realizzato un murale sulla parete che si affaccia sulla terrazza del museo.
Ma non finisce qui! Guardandoci attorno in lungo e in largo per l'Europa abbiamo trovato alcune chicche interessanti come líHotel Fox realizzato dalla azienda automobilistica Volkswagen nel 2006 in occasione del lancio della omonima utilitaria, attivando un'operazione di marketing davvero senza precedenti. Obiettivo: creare un nuovo dialogo con il target di riferimento attraverso un linguaggio universale come l'arte, che attira un pubblico colto e moderno, amante dei viaggi e della comodità, spender possibile della Fox. E così, un vecchio albergo a conduzione familiare nel cuore della città, è stato trasformato in un moderno complesso, dedicato all'arte contemporanea: 21 giovani creativi, provenienti da tutto il mondo, hanno disegnato in totale libertà ognuna delle 61 camere, dai tappeti agli arredi, dalle pareti alle porte, secondo le ultime tendenze della graphic art.
Altra iniziativa interessantissima arriva da Londra, si chiama Doodle Bar (Bar Scarabocchio) e ha aperto nel 2009 nel quartiere di Battersea. Particolarità? Prezzi realmente modici e massima libertà creativa per aspiranti artisti e graffitari cui il bar offre pareti, arredi e spalle dei camerieri da "scarabocchiare" senza limiti.
E' poi il caso di dire "al contrario" rispetto ai discorsi fatti sino ad ora e parlare di Reverse Graffiti, conosciuto anche come clean tagging, dust tagging o grime writing: un metodo per creare graffiti solamente rimuovendo lo sporco dalla superfice urbana. Nessuna vernice o danno alle superfici, è considerato legale ed è usato anche per advertising per messaggi che emergono letteralmente dallo sporco.
Infine, non può mancate un "eco esempio" come quello di Edina Tokodi, un'artista ungherese che d‡ della street art uníinterpretazione estremamente concettuale e carica di messaggi eco-friendly addobbando i muri della città con stencil fatti solo ed esclusivamente di muschio.
Chiudiamo il cerchio iniziato con Haring e Banksy con due nomi tutti italiani che, dopo anni di clandestinità, hanno trovato una legittimazione interessante del proprio lavoro invertendo proprio le tendenze spiegate ad ora, ovvero mutando la street art stessa in brand vendibile.
E' il caso del padovano Kenny Random che alla scorsa settimana della moda Milanese ha presentato una collezione di t-shirt e oggettistica che riprende i temi principali delle sue opere (www.kennyrandom.com).
Oppure il romagnolo Eron, artista eclettico che grazie alla fama raggiunta con proprie opere ora gira líItalia con i sui djset, proponendo un nuovo ideale di artista completo in stile Factory di Warhol. Come ci racconta Sara Marietti (creattiva.info):
ìDavide Salvadei, in arte Eron, Ë uno di quelli che hanno svoltato. La sua storia ha inizio nel 1988 (quando cominciÚ a praticare la spray-painting sui muri di Rimini) per arrivare nelle gallerie díarte e nei luoghi pi˘ importanti della cultura cosiddetta ufficiale, tanto da essere chiamato proprio dallíamministrazione comunale riminese per la realizzazione di un murale lungo 250 metri sulla banchina del porto. Eí di questíanno, inoltre, líennesimo riconoscimento che gli viene tributato dalla sua citt‡ che líha chiamato a dipingere líimmagine del manifesto che rappresenter‡ Rimini nel mondo. Nel 2000 alcuni suoi disegni sono finiti sulla serie limitata di T-shirt ìoutlinezî alla quale ha collaborato anche Phase2, líartista che nel 1970 a New York inventÚ lo street-writing.
Eron Ë uno di quelli che hanno svoltato perchÈ Ë arrivato dove nessun altro era ancora arrivato. Con líopera Forever and ever... Nei secoli dei secoli... - realizzata nel 2010 - per la prima volta nella storia la street art Ë entrata nel tempio dellíarte: la chiesa (per la cronaca si tratta della chiesa di San Martino in Riparotta a Rimini). Questa per Eron ñ si legge nel suo sito ufficiale www.eron.it - Ë ìla consacrazione di uníarte che fino ad oggi Ë stata oggetto di un pregiudizio universaleî.
Dai graffiti di Haring alla East Side Gallery sui resti del Muro di Berlino, sino alle pareti di cemento di Venice Beach con le bombolette finite buttare a terra passando per i ìciao mammaî scritti dai turisti in passaggio per il Cadillac Rance ad Amarillo in Texas, dove il panorama da far west síinterrompe davanti a 10 rottami di Cadillac piantati in un campo nel 1974 da Chip Lord, Hudson Marquez and Doug Michels, pare del gruppo artistico Ant Farm.
Città cartellone pubblicitario, allora, o arte?
Perché mai l'una dovrebbe escludere l'altra?
<<Anche i prodotti del pensiero creativo, che oltre a concretizzarsi in processi produttivi e strutture organizzative, mettono in scena la loro creatività in progetti di comunicazione, risentono fortemente di un contesto più articolato e sensibile, in particolare verso le nuove sfide della convivenza uomo-ambiente. Una convergenza ed emergenza che spinge verso soluzioni "laterali", stimolando una criticità pro-creativa e attivando processi circolari e interdisciplinari>>.
(Da Francesco Morace, 7thfloor.it)
Tutto ciò che è creatività, che consente sia a gente del settore o a comuni passanti di sentirsi coinvolti in un messaggio magari strappando un piccolo sorriso di compiacimento e meraviglia, vale la pena di essere fatto e promosso, soprattutto se, come in questo caso, migliora un po' il look delle nostre urbane realtà smuovendole dal quotidiano grigiore e trasformando superfici comuni in teatri di messaggi, schermi urbani tutti da interpretare.
Caterina Leonelli
TouchNews
Ottobre 2011 | Numero 3
Master in Motion restyling by Tanit
Master SpA ha scelto Tanit iDea per il restyling completo della sua immagine in vista della principale fiera di settore R+T a Stoccarda 2018.
Abbiamo realizzato:
_ campagna ADV multi-soggetto
_ brochure monoprodotto
_ catalogo multiprodotto
_ newsletter
_ video istituzionale in 3d animation (in collaborazione con High Resolution Padova)
The Outdoor Alchemist concept 2018
Tempo. Tempo per fare, o per non fare niente.
Tempo per pensare. Tempo per liberare la mente.
Tempo vissuto, da soli o in compagnia.
Come un alchimista, Corradi fa emergere l'energia originale di ogni esterno per trasformarlo in uno spazio da vivere, personalizzato e su misura per te.
Diamo spazio al tuo tempo, per dare spazio alla tua vita.
Il percorso di Tanit iDea per Corradi si evolve in questo 2018 verso frontiere sempre più alchemiche, creando oasi di outdoor anche in comunicazione. Abbiamo inventato dei veri e propri "contenitori" dei mondi Corradi, i barattoli delle conserve della nonna o, se vogliamo, le pozioni dell'alchimista... mondi dentro mondi, tempo dentro al tempo, spazio da dedicare al tempo per sè.
Life to the City!
In pieno momento SALONE DEL MOBILE 2018, Tanit iDea recupera con dal cassettone in soffitta un vecchio articolo scritto nel 2011 proprio in occasione del Salone, una testimonianza diretta di come una città subisca meravigliose metamorfosi in occasione di eventi all'insegna delle creatività.
Life to the City! Quando un evento sa travolgere di creatività e stimoli un’intera metropoli.
La primavera porta alle nostre città una rivitalizzazione generale grazie a mille eventi grandi e piccoli che celebrano la fine delle ombre invernali, un po' come se ognuno "ci mettesse del suo" nel mostrarsi rinnovato e un po' più creativo dopo tutti quei mesi freddi.
La stagione più matta dell'anno porta con sé anche grandi happening in grado di "travolgere" letteralmente intere metropoli, l'esempio eccellente e tutto italiano è proprio la Settimana del Design Milanese che si è svolta lo scorso Aprile.
Il Salone del Mobile di Milano ha visto dalla sua nascita, nel 1961, un incremento notevole di visitatori da tutto il mondo, da 12.000 nella prima edizione sino agli oltre 300.000 di oggi. E questi dati riguardano solo la parte ufficiale della settimana del design milanese che si svolge nei padiglioni della Fiera di Milano a Rho, 200.000 metri quadri di spazi espositivi progettati da Massimilano Fuksas.
La settimana del Design diventa un evento ancor più imperdibile grazie al suo "circuito off", ovvero il FuoriSalone, e tutta una serie di eventi collaterali che travolgono letteralmente Milano e la trasformano, per una settimana, in un tempio di design, moda, stimoli creativi provenienti da ogni parte del mondo, "da visitare anche se non ci capisci nulla di design" ha affermato sul numero speciale della rivista Interni il direttore del Design Museum di Londra.
Il FuoriSalone ha invaso 500 spazi pubblici in città ed il suo cuore è stato il Tortona Design Week, ovvero Superstudio, e il suo Temporay Museum for New Desing, in via Tortona 27, teatro di contaminazioni interessantissime tra arte, design, natura, tecnologia, grandi nomi ed emergenti.
E allora come orientarsi in questa immensità di stimoli, luoghi e informazioni? Beh, Touch News come sempre ha le sue fonti e qualche buon contatto! Abbiamo parlato e vagato per la Milano Design Week 2011 a braccetto con il nostro "Uomo dentro al Fuori Salone", Lorenzo Basoni, Style Coordinator.
Attraversando il visionario ingresso dello stand di Alcantara intitolato niente meno che "Can you imagine?" chiedo a Lorenzo di parlarmi della sua professione e del ruolo che ha questo evento nella sua agenda.
Il mio percorso formativo è stato in architettura, specializzandomi in Interior Design & Decoration e in Design Communication. Ho lavorato alcuni anni anche nel mondo della moda, e, forse grazie all'incrocio con le competenze in design e architettura, occupo oggi la posizione di Style Coordinator. Sono una figura che funge da collante tra il mondo della tendenza (moda, arredo, interior, lifestyle, ecc) e il mondo del marketing e della comunicazione, il mio compito è trasformare questi input del mercato in materiali di comunicazione, negozi, moodboards, ecc., aiutando le aziende a creare un'immagine che rafforzi il Brand, allineandosi con trend e esigenze del mercato, senza però sviarne la natura e l'identità della stessa.
A questo punto la conversazione tra noi si trasforma in intervista, e la mia curiosità non trova pace, assecondata dalla voglia di Lorenzo di raccontarci il suo modo di vivere questo evento.
Per figure come la mia, la "Milano Design Week" è uno dei periodi più importanti e impegnativi dell'anno, un faccia a faccia periodico con il "what's going on" in tutti i settori. La fiera"I Saloni Worlwide" Ë il fulcro di tendenze per il mondo dell'arredo e del complemento d'arredo e raccoglie in pochi giorni nello stesso posto nel mondo tutti i nomi che vale la pena di conoscere.
La cosa però più importante di questa settimana, non è il Trend Scouting fatto all'interno della Fiera di Milano, ma invece quello che succede in tutta la città come riflesso di questo evento, il "Salone del Mobile" diventa allora "Milano Design Week" ("Salone Internazionale del Mobile" e "FuoriSalone" di Milano), dove mondi diversi e una volta anche distanti - convergono per presentare nuove tendenze e proposte. Persone di tutto il mondo, da tutti i settori, vengono a conoscere e scoprire la città e le novità che essa offre durante questo periodo.
Per qualche giorno, Milano diventa un'esperienza sensoriale a 360 gradi: prendere la metro, bere un caffè in un bar, sedersi in un parco a riposare, entrare in uno showroom o fare shopping, diventano attimi di grandi sorprese.
Tutti i business godono di questa settimana.
Il Fashion, che negli ultimi anni ha sviluppato sinergie continue con il settore arredo, e che ogni anno intensifica il co-marketing con produttori di design per presentare nuove proposte proprio in questo periodo.
Arte, musei e gallerie durante questa settimana vestono il meglio delle loro collezioni e ricevono un significativo incremento nelle presenze.
La ristorazione, molti locali si prestano come location per eventi e presentazioni di prodotti, ma anche semplicemente per servire tutta l'umanità che si riversa sulle strade della città. E così tanti altri esempi, anche più "irreverenti" come i laboratori meccanici per biciclette di Via Tortona, che per una settimana diventano showroom di occhiali di design firmati da noti artisti e creativi. La città come essere vivente, i suoi spazi pubblici diventano installazioni che animano ogni angolo urbano, che coinvolgono tutti, dai bambini agli anziani, sino ai "fashion addict" con esperienze legate allo shopping di prodotti esclusivi dedicati solo a questa settimana. E, naturalmente, i "design addict" che trovano sfogo alla loro passione in ogni singolo angolo della città.
Per me, che ricopro tutte queste categorie, la presenza durante tutta la settimana a Milano è fondamentale per scovare nuove o vecchie novità, che possano essere utili come proposte, ma principalmente, per vivere l'esperienza di essere sommerso nella tendenza e respirarla nell'aria durante ogni momento di quei giorni.
A questo punto la domanda sorge spontanea: hai preferito il Dentro o il Fuori Salone? La risposta Ë istantanea.
Sicuramente il FuoriSalone. La differenza è molto semplice, il Salone del Mobile è un evento legato alla Fiera di Milano RHO, dove produttori e editori di tutto il mondo, creano stand e allestimenti per presentare i loro prodotti. Mentre al FuoriSalone ci sono tutte le aziende di design (e non) che usano spazi in tutta la città per presentare le loro proposte. Il FuoriSalone è la città viva che interagisce con il design: ogni tanto capita di trovare uno showroom di arredamento, ma anche un vecchio teatro dove presentano una sfilata di vestiti fatti in carta riciclata o un bosco di alberi di ferro proprio dietro al duomo di Milano.
Un esempio di contaminazione interessante tra Moda e Design è sicuramente stata la presentazione di HERMES presso la Pelota di Via Palermo, uno dei momenti più stimolanti della settimana. La famosa casa di moda, ha rafforzato la sua collezione di Oggetti di Arredo, presentando il tutto in un'installazione di Shigeru Ban, fatta in carta e tubi di cartone. All'interno dello storico bocciodromo di Milano svettava questa magnifica pagoda di carta, che a sua volta ospitava pezzi disegnati da noti nomi come Citterio o Enzo Mari, parlando il linguaggio del vero lusso e del gusto, non la tendenza pura, non design sconvolgente, ma gusto e raffinatezza senza tempo.
Altre installazioni interessanti sono state presso Super Studio Più di Zona Tortona, dove CANON ha ricreato un universo di sensazioni attraverso fili di nylon e potenti proiettori, in uno spazio emozionale pieno di immagini naturali e suggestioni sensoriali. SAMSUNG ha presentato dei potenti Golem mediatici che parlavano di innovazione e tecnologia.
MOROSO nel suo spazio di Via Pontaccio, ha presentato un fantasmagorico allestimento di Tokujin Yoshioka chiamato "Twilight" dove vapore d'acqua, musica e luci, creavano un effetto lunare magico, lasciando scoprire i nuovi oggetti e prodotti attraverso un velo di mistero.
Mentre parliamo di queste esperienze da Salone stiamo ancora girando per lo spazio di Alcantara dove i top designer Giulio Cappellini e Paola Navone hanno messo in scena idee di casa tra fashion e design, illuminazioni deboli ma colori decisi, forme intriganti per materiali rassicuranti come il legno.
Le contaminazioni tra Moda e Design di cui ci parla Lorenzo sono evidenti vagando per il FuoriSalone, ìil mondo della moda ha aiutato a divulgare il designî afferma il direttore di W sempre su Interni, ìlíha fatto prima di tutti gli altri Tom Ford con le sue campagne pubblicitarie in cui ha collocato pezzi storici di design ambientanti nei suoi interni postmoderniî.
Mi guardo intorno e sento forte il mondo del design e quello italiano in particolare, pi˘ della moda forse, che ora vedo approfittare del traino del Salone per darsi quel tono in più, per ritornare da mercato puro a laboratorio di creatività vera.
Parlando di questo, Lorenzo ci racconta: "Penso che sia naturale il legame tra i due mondi, la sensibilità di chi crea la moda è vicina a quella di chi crea l'oggetto, sono semplicemente approcci e materie diverse. Oggi giorno è fondamentale la contaminazione a tutti i livelli, musica, arte, moda, design, food, e altro interagiscono liberamente, donando - da una nota, a un profumo, ad un materiale nuovo - nuovi stimoli a chi riesce a trasformarli in cose concrete. Ritengo però che le aziende non debbano sviare la loro identità di marchio in nome di una sfrenata ricerca di nuovi spazi di mercato, è giusto condividere e sperimentare, ma è importante che i brand riconoscano i propri settori di riferimento e il proprio core business.
Il caso Hermes è significativo, l'installazione alla Pelota è un viaggio nell'universo del Brand, dal gusto, al profumo, alla materia, al colore, era come abitare un grande oggetto di fine pelletteria, che non cercava di sconvolgere, ma di rassicurare e affermare le loro qualità."
Come cambia a tuo avviso Milano durante la settimana del salone?
"Milano diventa una metropoli al 100%, questo è l'unico vero momento dell'anno che coinvolge tutta la trama urbana della città. Eventi e manifestazioni all around, feste tutti i giorni, presentazioni a qualunque momento, interviste, tv e giornali dappertutto per cercare di registrare e immortalare un "attimo" di questa atmosfera frizzante. Il momento coinvolge davvero tutti, dai milanesi a chi viene da fuori solo per questo evento, chiunque può entrare e visitare le mostre, andare negli showroom a vedere gli allestimenti, partecipare alle presentazioni con i designer; non c'è alcun elitarismo come succede invece durante la Fashion Week, è un grande Open House per tutti gli strati della città, resta a chi la vive la decisione di esserne partecipe o meno".
Ecco come una grande metropoli cambia forma, sapore e colore grazie un evento che riesce a coinvolgerla tutta, facendo prevalere la creativit‡ alle mere logiche di business, in Italia questo accade assai di rado, validi tentativi li segnano Il Future Film Festival e ArteFiera a Bologna ad esempio, creando mille connessioni e ponti tra diverse location sparse per il mondo e unite da un unico intento, il migliore forse, la passione per líarte.
Uscendo dai nostri confini questi fenomeni sono più frequenti, basti pensare alla totalità con cui la Fashion Week travolge Parigi, dove la moda diviene il traino di arte e design inscenando la tendenza opposta a quella della Milano Design Week.
Altro caso celebre è Berlino durante la Love Parade o Los Angeles durante la Settimana degli Oscar, ma nessuna settimana cosi intrecciata nell'urbano quotidiano della città e con un arco di tempo cosi lungo come la Milano Design Week.
Made in Italy come laboratorio di creatività, il meglio del nostro modo di vedere la vita e che nonostante tutto, nonostante la crisi, nonostante i conflitti ideologici e politici che ogni giorno attraversano il nostro paese, ci consente ancora e sempre di essere grandi.
Caterina Leonelli & Lorenzo Basoni
TouchNews
Giugno 2011 | Numero 2
Anche il nostro è un lavoro da cani
Una ricerca del Banfield Pet Hospital di Mars, ha infatti pubblicato risultati che lasciano poco spazio a dubbi. Lo studio su un campione di 1000 dipendenti e 200 responsabili delle risorse umane di aziende americane, ha rivelato che la presenza di un animale domestico in ufficio ha portato benefici all’umore (93%), riduzione dello stress (93%), maggiore equilibrio tra vita privata e lavoro (91%), incremento di attaccamento all’azienda (91%) e la diminuzione del senso di colpa nel lasciare il proprio animale a casa mentre si è a lavoro (91%).
I BENEFICI
Questi dati, confermati da una ulteriore ricerca del The Waltham Centre for Pet Nutrition di Mars Petcare, rivelano che la presenza di un animale domestico sul posto di lavoro ha benefici sul benessere generale dei dipendenti, porta un incremento di attività fisica, riduce lo stress e aumenta serenità e produttività.
(fonte_ Vanity Fair)